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Vogliamo un campionato per i SUV – Superposter
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Vogliamo un campionato per i SUV

 

Era l’ormai lontano 2003 quando Porsche diede vita al Cayenne.

Il fatto che tale marchio producesse un SUV destò scalpore, se ne discusse molto e ancora se ne discute, ma quel che è oggettivo è che fu un successo clamoroso, arrivando in brevissimo tempo a battere di tre volte le vendite della 911 e arricchendo copiosamente le casse della casa di Stoccarda. Ancora più importante fu l’impatto che ebbe sul mercato automobilistico, dimostrando che il SUV non era solo un fuoristrada addolcito, ma poteva essere anche un’auto di lusso e dalla presunta vocazione sportiva.

Negli anni successivi il settore è esploso, con la nascita di sottocategorie sempre più identificabili, fra le quali appunto quella dei SUV sportivi ad alte prestazioni. Per i veri appassionati di automobilismo sembra quasi un ossimoro, eppure le case costruttrici hanno iniziato a dotare questi veicoli da più di due tonnellate dei migliori motori a loro disposizione. Turbo enormi per aumentare la coppia, impianti frenanti da record, cerchi di diametri mai visti, tutto per tentare di mascherare la stazza del mezzo in questione.

BMW, Audi e Mercedes si sono date battaglia a suon di cavallerie riservate in precedenze solo alle supercar. La casa dell’elica, con la X6, ha addirittura inventato il concetto di SUV coupé.

Negli anni le vendite hanno continuato ad aumentare e la tentazione di prendere parte a questo lauto banchetto è stata così forte che hanno ceduto una alla volta anche Jaguar, Maserati, Alfa Romeo, Bentley, Rolls Royce, Lamborghini, Aston Martin, e di qui a breve arriveranno anche Ferrari e Bugatti. I costruttori credono a tal punto nelle prestazioni dei loro SUV da aver iniziato a sfidarsi a suon di tempi al Nurburgring: con grande plauso della stampa il record di categoria è stato per un anno in mano allo Stelvio, con un tempo di 7:51, poi battuto dal Mercedes GLC 63 S AMG con 7:49. Potranno anche sembrare ottimi tempi, ma restano comunque venti secondi più lenti delle berline con cui queste auto condividono la meccanica. 

L’apice è stato raggiunto da Jaguar che ha dato vita a un campionato monomarca per la I-Pace, SUV coupè oltretutto elettrico. Il risultato è coinvolgente come un film muto guardato a occhi chiusi: una decina di mastodonti che si aggirano goffamente fra le strette curve di circuiti cittadini (le gare seguono le tappe della Formula E), sorpassi inesistenti e sound dato solo dallo stridore delle povere gomme chiamate a governare tali stazze. Assurdità o esempio da imitare? 

Da sempre la storia dell’automobile è stata strettamente legata alle competizioni, che spesso sono diventate il primo mezzo di marketing, spingendo notevolmente le vendite dei modelli più vittoriosi. Se oggi una buona fetta del mercato è occupato dai SUV, perché non metterli alla prova in un campionato in cui le case costruttrici tornino ad impegnarsi per tenere alto il proprio nome? Magari valorizzando l’assetto alto e la trazione integrale con circuiti simili a quelli del rally cross, l’intrattenimento non mancherebbe: sportellate, sorpassi, derapate, e magari qualche bel ribaltamento regalato dal baricentro decisamente troppo alto.

Se si vogliono esaltare le doti dinamiche di questi modelli, che vengano dati in mano a piloti pronti a darsi battaglia, e si dimostri sul circuito cosa sanno fare. Si dimostri che sanno essere ugualmente efficaci sull’asfalto e sullo sterrato, che possono attutire sconnessioni e salti come un’auto da rally ed essere veloci ed emozionanti come una qualsiasi auto preparata per le corse.

Altrimenti toccherà ammettere che di sportivo, un SUV, ha solo la prima lettera dell’acronimo. 

Andrea Cartapani. Brescia, 13 settembre 2019.

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