QUATTRO is the magic number
Quattro come le storie che si intrecciano in questo articolo: la storia di una casa automobilistica che
voleva emergere e distinguersi; la storia del solito ingegnere pazzo che lottò per un progetto visionario; la
storia della prima ed unica pilota femmina, in equipaggio femminile, a vincere una prova mondiale.
Storie che si fondono con la grande storia dell’Audi Quattro (o Ur-quattro per i puristi teutonici).
Siamo nel Febbraio del 1977 ed in Germania qualcuno si spreme le meningi per risolvere un problema
che affligge tante sportive, e non solo, dell’epoca: “come scaricare maggior potenza a terra senza
compromettere la stabilità? Come migliorare la sicurezza su fondi con scarsa aderenza?”.
Proprio mentre quel qualcuno ci pensa, ecco che il responsabile dei telai Audi, l’Ing. Jörg Bensinger,
trova una prima soluzione: la trazione integrale.
Audi promuove Bensinger responsabile del progetto sotto supervisione di Ferdinand Piëch, responsabile del settore tecnico, che poi prenderà la maggior parte dei riconoscimenti per la
realizzazione della prima vettura integrale a vincere un campionato del mondo rally.
L’attento Ing. Bensinger osservò che su fondi ghiacciati ed innevati, le potenti berline a trazione anteriore
venivano umiliate dal prototipo della Volkswagen 183, e cioè l’Audi Iltis (che non vedrà mai la produzione
in Audi): un agilissimo fuoristrada leggero a trazione integrale.
Le suddette berlinone, anteriori o posteriori che fossero, soffrivano tantissimo su fondi irregolari e
scivolosi: scarsa maneggevolezza, trazione e motricità compromesse, reazioni nervose a seguito di cambi
di velocità in curva, anche su asfalto bagnato.
Nel frattempo siamo nel 1979, e la FIA approva l’ingresso delle vetture 4WD nel mondiale rally: una ghiotta occasione si presenta dunque per la casa di Ingolstadt.
La prima risposta consiste in un’Audi 80 di seconda generazione, sulla quale vengono installati un
turbocompressore e la trasmissione dell’ Iltis, rimuovendo il differenziale centrale.
Il risultato? Un fallimento!
Per fortuna, però, la storia si ambienta in Germania, terra popolata da individui poco avvezzi al fallimento,
perciò in Audi si pettinano i baffi, si rimboccano le maniche e ricominciano da capo:
trazione permanente sulle quattro ruote motrici, nuovissimo differenziale centrale talmente sofisticato da
risultare complicatissimo da comprendere nel funzionamento, per chi non mastica ingegneria areospaziale e, dulcis in fundo,
linee ispirate all’ennesimo capolavoro di Giugiaro, ovvero l’Audi Coupe.
Grossomodo, queste sono le principali caratteristiche dell’auto che fece innamorare tutti, al Salone di Ginevra del
1980. Un’Audi che abbinava efficacemente la trazione integrale al famoso 5 cilindri in linea da 2144 cc,
con compressore KKK ed intercooler.
Prima di parlarvi della versione da corsa, non ci si può esimere dal dire cos’abbia fatto innamorare tutti delle Audi da
competizione: il suono del 5 in linea di Ingolstadt, un suono che per la mente è rilassante ed
entusiasmante allo stesso tempo, più o meno come l’inverno delle Quattro stagioni di Vivaldi; Quattro
come i titoli iridati conquistati da questa Orchestra sinfonica con le ruote, nel campionato mondiale rally: Due nel
“piloti” e Due nel “costruttori”.
L’Audi Quattro esordisce nella massima competizione rallystica nel 1981 senza particolari risultati, ma il progetto è valido
e non tarderà a rivelarsi tale. Uno dei primi ad accorgersene è proprio il pilota di casa Ford, Hannu
Mikkola, che dopo averla provata nel 1980 rescinde il suo contratto per firmare con Audi, scelta che lo
premierà con la vittoria del campionato piloti 1983.
Sarà il 1982 l’anno che consacrerà la Quattro quale campionessa del mondo, affermando la superiorità della
trazione integrale, anche grazie ad un mondiale “povero” di asfalto, visto che solo il Tour de Corse era
interamente su strade regolarmente carrabili e che solamente altre Tre tappe su dodici erano svolte
parzialmente su asfalto: Montecarlo; Portogallo e Sanremo.
Nel mondiale piloti vediamo, invece, un predominio tedesco, con ben Tre Audi nelle prime Quattro posizioni
(Mouton seconda, Mikkola terzo e Blomqvist quarto), ed è sulla seconda classificata che ci soffermiamo:
chi è l’appassionato di rally che non abbia sgranato gli occhi, vedendo certi passaggi della Quattro guidata da
Michèle Mouton?
La fortissima ed unica pilota che combattè nel mondiale ancora oggi ad appannaggio maschile, guidando
mostri da 300 cavalli su ogni superficie, sempre in coppia con la formidabile Fabrizia Pons, altra aliena
che riusciva a dettare con precisione le note, sempre accompagnata dalla musica di quei cinque cilindri in
linea, interrotti solo dal forte fischio della turbina..
.
Nel 1983 sarà Mikkola a vincere il mondiale piloti, mentre il 1984 vedrà la doppietta Audi/Blomqvist
trionfare in entrambe le classifiche, fermando a Quattro i titoli vinti da protagonista o da
“accompagnatrice” della prima integrale a Quattro anelli.
Ci furono Tre step principali della vettura: una prima fase da 320/340 CV, che arrivarono a 360/400 nella
seconda, finendo poi con la Sport Quattro, la più esagerata e cattiva della saga; quella bianca e gialla,
allargatissima e molto simile ad un’odierna WRC+. Quella che al Legend 2018, a San Marino ancora
rombava guidata da Blomqvist, anche se ormai – parlando della gara sammarinese e della Quattro – pensiamo
subito a Christof Klausner, idolo delle folle grazie alla sua capacità di regalare spettacolo.
Bisognerebbe, infine, ringraziare Lego, che creando il modellino della Sport quattro avvicinerà tantissimi bambini a quest’automobile fantastica, e al rallysmo in genere. Danke, Lego!
Nicola Balducci | Cesena, 10 marzo 2020.