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Piacere, Corado – Superposter
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Piacere, Corado

Frequentavo l’ultimo anno delle superiori. I miei mi avevano iscritto a un liceo privato, perché “l’istruzione dei salesiani è un’altra cosa”, un ambiente dove giravano soldi e di certo non mancavano i figli di papà. Dal momento che sono nato il primo gennaio (e voi ancora credete alla bufala che i fuochi d’artificio li fanno per festeggiare il Capodanno), sono stato un bambino anticipatario, che nel gergo delle persone normali vuol dire che sono sempre andato a scuola un anno prima degli altri. Aspettavo la tanto agognata maggiore età, che mi avrebbe finalmente permesso di prendere la patente, il traguardo più importante da quando andavo in prima elementare. Nel frattempo vedevo i miei compagni di classe che uno ad uno diventavano grandi prima di me, ed ero costretto a sorbirmi i regali che ricevevano una volta scoccati i diciotto anni: a vincere su tutti era naturalmente la macchina.

Quelle che andavano per la maggiore erano le 500, che avevano cominciato a colorare il parcheggio dell’istituto manco fosse la piazzola di un concessionario Fiat: il più fortunato del gruppo aveva una Abarth grigio Campovolo con lo scarico Record Monza, che quando arrivava lo sentivi dal semaforo all’incrocio: era rumorosa, vistosa, cattiva. Ma la più invidiata di tutte era senza ombra di dubbio la nuovissima Scirocco di un altro ragazzo. Bianca, dalla linea filante, elegante, bella: una macchina che prima di allora gli adolescenti avevano visto solamente nei videogiochi della serie Need for Speed. Tutti ci sbavavano dietro, tranne me. Io ero già affetto da un’acuta sindrome youngtimer e pensavo a quanto sarebbe stata più bella al posto suo, una Corrado rossa fiammante, uguale a quella che avevo della Schabak in scala 1/43.

Già, la Corrado, alzi la mano chi se la ricorda. Me la immagino la scena di questo coatto che arriva sgommando e apre la portiera sbattendo contro lo sportello della Scirocco sbeccandogli la vernice lucida. Lo vedo mentre esce dalla macchina e con la calata alla Carlo Verdone che imita uno dei suoi personaggi, allunga la mano e mi fa: “Piacere, Corado” (perché a Roma se dice co na r sola). Eppure questa coupé spigolosa dal nome ancor più spigoloso (non me ne vogliano gli amici Corradi che mi leggono), è stata la mamma della Scirocco, o almeno di quella del mio amico. Non fece molto scalpore quando uscì, eppure a me è sempre piaciuta.

 Erano gli anni delle Golf sovralimentate e in pochi erano disposti a cacciarsi di tasca quasi 40 milioni per la Volkswagen “sbagliata”. Non era nemmeno particolarmente bella, anzi: la Corrado era rozza, ignorante come un calcio nelle palle mentre stai sbadigliando, una di quelle macchine che quando gli passi davanti ti guarda male. Ma come spesso accade, la verità che si nasconde dietro l’apparenza è un’altra: la Corrado era molto più chic di quanto potesse sembrare a primo impatto. Lo stabilimento di Osnabrück dove veniva prodotta non ne sfornava più di 90 al mese. L’assemblaggio era curato dalla Karmann, la stessa carrozzeria che progettò l’intramontabile Karmann Ghia: la wagen che diede al volks tedesco una vocazione sportiva.

Dal punto di vista delle prestazioni la Corrado non deludeva, soprattutto se a pompare sotto il cofano c’era un G60. Il G-Lader, così chiamato per via della sua particolare forma a chiocciola, era più compatto e performante dei tradizionali compressori volumetrici e spingeva la coupé a 225 km/h. Nel 1992 venne rinnovata la gamma con la presentazione della nuova motorizzazione di punta: la VR6. Il turbo lasciava il posto a un 2.9 aspirato capace di sviluppare 192 cavalli che permettevano alla macchina di coprire lo 0-100 km/h in sei secondi e nove. Con una velocità massima di 235 all’ora era la vettura più veloce della VW e lo sarebbe rimasta per quasi un decennio. Nonostante la sua fama di brucia semafori, la Corrado era tutt’altro che scomposta alla guida, merito dell’ABS di serie e del controllo di trazione, che la rendevano all’avanguardia anche nella sicurezza. Cronometrata al Nürburgring, staccò un tempo di 9’24’’, che non era proprio malaccio nel 1992.

Nonostante le sue indubbie qualità e le ottime recensioni da parte della stampa (Tiff Needel, ai tempi in forza a Top Gear, la elesse una delle migliori sportive del 1988) la Corrado non riuscì mai a sfondare sul mercato europeo, né tantomeno su quello nordamericano dove pure veniva esportata. La sorte fu beffarda con questa coupé nata per correre, al punto che gli ultimi esemplari furono immatricolati nel 1996 in Svizzera: un Paese in cui le competizioni motoristiche erano vietate da più di quarant’anni.

E fu beffarda anche con me, che una volta presa la patente mi ritrovai con la sorniona Fiesta cinque porte di mamma, talmente pacata da sembrare un’auto assonnata, con quei fari anteriori sottili come occhi socchiusi.

Ma le ho voluto bene lo stesso, perché in fin dei conti, la prima macchina non si dimentica mai.

Alessandro Giurelli | Roma, 06 dicembre 2019.

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