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Motore Wankel: passato o futuro? – Superposter
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NSU Ro80

Motore Wankel: passato o futuro?

Era il 1902 quando nell’allora Impero Germanico nasceva un certo Felix Wankel, destinato ad associare il suo nome ad uno dei più curiosi capitoli della storia automobilistica mondiale. Impossibile predirlo, allora, e forse non l’avrebbe previsto neanche lui quando a soli 17 anni disse agli amici di aver sognato un nuovo tipo di motore, a metà fra una turbina e un comune motore a pistoni. La perdita del padre nella prima guerra mondiale non gli permise di affrontare studi ingegneristici, ma grazie a una preparazione da autodidatta e a doti sicuramente non comuni poté concretizzare il suo sogno e nel 1929 depositò il primo brevetto per il motore rotativo. Poi il nazismo, la guerra, il lavoro per la marina militare tedesca e addirittura alcuni mesi di prigionia in Francia. La svolta arrivò negli anni ‘50, quando la NSU decise di finanziare il suo progetto, portando ai primi prototipi funzionanti alla fine del decennio. Nel 1963, infine, il motore debuttò su strada, montato sulla NSU Spider, ma ebbe il suo apice sulla RO80. 

Il nuovo propulsore attirò subito l’attenzione degli altri costruttori che acquistarono la licenza dalla casa tedesca per sviluppare i loro prototipi: è ben nota la storia di Mazda, che sviluppò e adottò questo motore più della NSU stessa, ma pochi sanno che alcuni tentativi furono compiuti anche da Citroen, Mercedes, Chevrolet e Alfa Romeo. In effetti di potenziale (e potenza) questo motore ne aveva! La chiave della sua funzionalità è la sostituzione dei comuni pistoni con un rotore di forma pressappoco triangolare che ruota all’interno di una camera a forma ovale senza mai staccare i tre vertici dalle pareti. In questo modo si generano sostanzialmente tre volumi indipendenti (quasi fossero tre cilindri separati), all’interno dei quali avvengono le comuni fasi del ciclo a quattro tempi (aspirazione, compressione, espansione ed espulsione) in zone diverse della rotazione. In questo modo si ha un unico movimento, sempre nella stessa direzione riducendo fortemente le vibrazioni. Il fatto di avere tre lati che lavorano contemporaneamente su fasi diverse, poi, permette di avere un’erogazione di potenza molto fluida e soprattutto di valore elevato rispetto alla cubatura. Niente valvole, niente alberi a camme, niente alberi di bilanciamento, niente bielle e manovelle, rotore e albero motore sono le uniche parti in movimento e questo rende il motore estremamente compatto e reattivo. 

Come detto la maggior evoluzione avvenne in casa Mazda, che lo montò sulle diverse serie della Rx7 e Rx8, passando per la gloriosa vittoria di Le Mans nel 1991 con la 787B. Nonostante il continuo sviluppo (supportato anche da un notevole successo) questo propulsore trascinò fino agli anni 2000 i suoi difetti più tipici: consumi elevato di benzina e olio, che oltre ad aggravare le spese di mantenimento implicavano copiose emissioni. Proprio a causa di queste, non fu possibile ottenere l’omologazione Euro 5 e nel 2009 cessò in Europa l’importazione della Rx8 che proprio in quell’anno vantava un leggero restyling. 

Nel 2012 la Rx8 andò definitivamente in pensione, con quasi duecentomila esemplari venduti in meno di 10 anni, cifra ragguardevole per una sportiva pura. Con essa scomparve anche il motore rotativo e potremmo cedere alla tentazione di dire che fu ucciso dall’ecologia… o forse no? È difficile crederlo ma il Wankel sta tornando proprio a bordo dei modelli ecologici della casa nipponica! Pare che questo formidabile propulsore sia pronto a una seconda vita come generatore in grado di ricaricare le batterie in moto, aumentando notevolmente l’autonomia. In questo ruolo le dimensioni compatte e le ridottissime vibrazioni si rivelano un grande vantaggio! Cosa gli ingegneri si siano inventati per risolverne le limitazioni non ci è ancora dato saperlo, ma possiamo supporre che si siano concentrati su rivestimenti volti a ridurre gli attriti interni (e dunque la necessità di olio) e sul miglioramento della combustione lavorando su candele o iniezioni particolari. Va detto anche che l’uso come range extender mitiga già di per sé i difetti del propulsore, implicando un funzionamento limitato e a regime costante (e favorevole). 

Certo, da appassionato di auto sportive avrei preferito vederlo tornare come motore principale su una sportiva (possibilità comunque da non escludere, visto lo stupendo prototipo Rx Vision di pochi anni fa), ma da ingegnere e appassionato di tecnologia ammiro Mazda che anche in questi anni di conformismo e limitazioni sta portando avanti un progetto unico, così come porta avanti da 30 anni la Mx5 senza modificarne la sostanza. In effetti tradizione e innovazione non sono poi così distanti se la direzione è precisa e sensata. 


Andrea Cartapani. Milano, 4 novembre 2019.

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