Alfa 75 Evoluzione: bellezza o sacrilegio?
L’Alfa 75 rappresenta, per molti, l’ultima vera Alfa Romeo. Ed è vero, visto che è nata nell’era IRI, e che le scelte di Romano Prodi, con annesse regalie a Torino e alla Fiat erano quasi lontane.
In realtà, solo un anno separa il debutto della 75 alla svolta, in negativo, sotto l’egida FIAT, ma la 75 è la 75, e di base è una Giulietta, oltreché uno dei migliori restyling della Storia dell’Automobile, così profondo da far sembrare il modello in questione inedito.
A dispetto della perfezione delle linee, perfette perché imperfette, con quello strano fascione che parte dal muso e si raccorda al posteriore, spesso sotto forma di spoiler, su piano sfalsato rispetto al bagagliaio, molti identificano la 75 Evoluzione come la migliore 75 in assoluto.
Ed è qui che il pubblico si divide, anche se nessuno si è mai spinto a dichiarare la Evoluzione come una bruttura stilistica inaccettabile, quale è, indipendentemente dal valore economico e dalla crescita verticale delle sue quotazioni.
Nessuno, o quasi, ha il coraggio della verità. Soprattutto quando si fa portatore insano di verità.
Perché la verità è evidente: tutto quell’esubero e sovrabbondanza di appendici, rovina, anzi distrugge, il lavoro di Ermanno Cressoni, e del giovane Walter De Silva, che lavorava dietro le quinte. E lo si vede dal posteriore, perché è inequivocabilmente suo, replicato com’è stato replicato sulla 155 e sulla irrilevantissima Seat Toledo (perché la Seat non sarà mai un’Alfa, anche se le piacerebbe molto, ma non hanno inventato la De Lorean).
Uscita sul numero di Youngtimer di questo mese, la 75 Evoluzione fa bella mostra di se stessa, e viene definita arrogante. In realtà, non è arrogante: è tamarra. E’ quanto di peggio si possa associare all’Alfa Romeo, dopo gli errori e le licenze impossibili, alla voce Arna e Dauphine (il vizio del low cost su un marchio premium, incomprensibile).
Vale la pena comprarla solo per il valore economico e per la splendida meccanica. Ma l’occhio vuole la sua parte, e non può accettare una parte di questo genere. A meno che non sia privo di gusto estetico, rischio molto comune nel pubblico italiano, stranamente.
Nella foto, il modellino in scala 1:18, realizzato da otto-models.com
In caso di mancanza di fondi, va bene anche in scala. Chi disprezza, compra. Io però ho puntato su una ASN del ’91.
Enzo Bollani | Milano, 1 febbraio 2019