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Barcelona ’92: le Olimpiadi della Seat – Superposter
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Barcelona ’92: le Olimpiadi della Seat

Nel 1992, per la prima volta le Olimpiadi approdarono sul suolo iberico, precisamente a Barcellona. Se la manifestazione ricopriva un’importanza strategica per l’intera nazione, il significato che aveva per la Catalogna era ancora più profondo. La città attendeva questo momento dal 1936, in quello che fu il periodo più turbolento della storia contemporanea spagnola. Il golpe di stato di Francisco Franco aveva spaccato il Paese in due e con una guerra civile da combattere, non c’era né tempo né modo di pensare ai giochi. L’Olimpiada Popular, in programma per quello stesso anno, venne soppressa ancora prima di essere organizzata.

Fu necessario aspettare quasi sessant’anni, ma l’attesa si fece ripagare. L’edizione del ’92 fu un successo a cui presero parte quasi diecimila atleti, provenienti da 172 nazioni: un vero e proprio record. Con le telecamere di tutto il mondo puntate sul palcoscenico di casa, alla Seat capirono che le Olimpiadi erano un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Nel corso dei preparativi, il marchio di Martorell si presentò con una flotta di 2000 vetture, che avrebbero fatto da supporto logistico all’evento, scortando atleti e giornalisti. All’appello ufficiale nella propria Terra, non era presente nemmeno una Seat Terra.

La scena infatti era tutta per la piccola della famiglia, l’Ibiza, il primo modello realizzato sotto l’egida Volkswagen, al termine della decennale collaborazione con Fiat. Per l’occasione, venne presentata una versione speciale, battezzata “Olimpico 92”. Le caratteristiche non passavano di certo inosservate. La vettura, disponibile esclusivamente in un look “total white”, prevedeva le plastiche e i paraurti verniciati in bianco, così come il resto della carrozzeria. Sopra gli sportelli e sui due cofani spiccavano i loghi stilizzati dell’evento, che facevano bella mostra assieme ai cinque anelli simbolo della manifestazione. Le motorizzazioni disponibili erano due, entrambe a benzina, la 1.2 da 63 cavalli e la 1.5 da 85 cavalli.

Per l’inaugurazione vera e propria però, serviva qualcosa di più di qualche adesivo. La Seat progettò una Toledo elettrica che fu impiegata per la consegna della torcia olimpica, dando l’inizio ufficiale dei giochi. L’enorme caricabatterie posto sotto al cofano pesava 500 chili e garantiva un’autonomia di 65 chilometri, sufficienti per scortare gli atleti della maratona, in programma per le giornate a seguire.

Ma non finiva qui, l’avventura della Seat alle Olimpiadi non poteva concludersi senza il proverbiale colpo di scena finale, e quando la dirigenza decise di sfoderarlo, il risultato fu il perfetto equilibrio fra patriottismo e romanticismo. La domanda posta era semplice: c’è un migliore incentivo a vincere una competizione, se non un premio? La risposta era sì ed era facile da argomentare: un premio doppio.

Con questi propositi nacque la Toledo Podium. Si trattava di una versione speciale, messa in palio per gli atleti spagnoli che avrebbero vinto almeno una medaglia in una delle discipline della manifestazione. Assemblata sulla base della  GT, che montava un motore 2.0 8V da 114 cavalli, la Podium era riconoscibile grazie all’elegante vernice bicolore grigio-blu e alle targhette specifiche applicate sulle minigonne laterali e sulla griglia anteriore.

Gli interni non erano da meno: dentro trovava posto una selleria in pelle color crema, impreziosita da un esclusivo volante in noce che faceva pendant col pomello del cambio. Il bracciolo anteriore alloggiava un vistoso telefono satellitare trapiantato dall’Audi 100, per essere connessi con tutto il Mondo dalla propria vettura, in un epoca in cui il cellulare era ancora un miraggio lontano dall’esser perfezionato.

L’audacia della Seat venne ripagata e furono 28 le Toledo Podium consegnate ai rispettivi vincitori, in quello che ancora oggi è il record di medaglie spagnole alle Olimpiadi. Meno fortunate furono le vetture, che con gli anni vennero vendute dai loro proprietari e passarono di mano fino a perdersi nella polvere iberica sollevata dai mulini a vento di don Chisciotte. Ne restano conservate due nel museo storico della casa madre, ma se siete estremamente fortunati potreste riuscire a incrociarne una fra le vie di Barcellona, a patto però che siate abbastanza scaltri per accorgervene.

Alessandro Giurelli | Roma, 06 marzo 2020.

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