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I peggiori gadget automobilistici ’80 – ’90. – Superposter
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I peggiori gadget automobilistici ’80 – ’90.

Da piccolo, quando sentivo la parola “gadget”, mi veniva spontaneo pensare all’omonimo ispettore protagonita di una serie franconipponica che davano alla RAI e che semplicemente adoravo.

Ora, la stessa parola fa venire in mente un turbinio di cose che si mandano sovente a quel paese l’un l’altra. Cose generalmente riconducibili alla connettività, all’infotaiment, insomma all’elettronica in generale. L’insuccesso della Giulia, ci hanno detto, era dovuto principalmente alla carenza di gadget rispetto alle più blasonate rivali tedesche.

Tempi complicati, potremmo pensare. Ma in verità, i gadget hanno sempre fatto la differenza fra automobilista ed automobilista. Fin dai tempi della Ford “T”, che si poteva ordinare di qualsiasi colore “purchè fosse nera” (cit. Henry Ford), la corsa alle personalizzazioni ha proceduto di pari passo alla diffusione automobilistica. E’ difatti il primo e più immediato esercizio di ciò che l’automobile ha suscitato fin dalla nascita, e cioè quella cosa impalpabile e non misurabile chiamata “passione”.

Nei tempi in cui si era più ingenui, bonaccioni e sostanzialmente con le pezze ar culo, bastava veramente poco. Dopo un periodo, diciamo, pionieristico (in cui si tormentava le Fiat 600 con strisce verniciate a contrasto, cromature ad libitum e marmitte Abarth la cui efficacia si risolveva in un copioso aumento dei ricoverati al reparto otorino), il comparto accessoristico si è andato affinando negli anni settanta di pari passo con l’aumento del reddito medio. Così i tamarri di ogni latitudine hanno potuto attingere a volanti e sedili sportivi, fari supplementari di ogni forma e dimensione, cerchi in lega, adesivi vari, tutto più o meno riconducibile al mondo dei rally che allora  veniva baciato dalla luce dei riflettori.

Nel decennio successivo, le auto erano già erano molto meno “rustiche” di quelle del periodo precedente, e nelle versioni più ricche già munite di quegli accessori che negli anni ’70 facevano la fortuna dei produttori di autoricambi. Di conseguenza, chi voleva il contagiri o i fendinebbia sulla propria Uno 45, non doveva fare altro che procurarsi paraurti o cruscotto di una Turbo i.e. defunta per casuale incontro con un platano (cosa che accadeva con una certa frequenza) e procedere al trapianto.

Avendo scontato l’infanzia in un periodo storico in cui le Uno affollavano i parcheggi delle vie con una presenza media di sei esemplari ogni dieci auto, ricordo bene che se ne vedevano – letteralmente – di tutti i colori. Nel senso che, generalmente le vendevano bianche, e poi le riverniciavano.

Le Uno, come le coeve Golf MK2, le Panda, le Peugeot 205 e le Supercinque, erano le vetture che avevano più probabilità delle altre, in quegli anni, di incappare in quel fenomeno deprecabile e tuttora difficile ad estinguersi che prende il nome di tamarrazione. Ora, andiamo qui ad elencare per punti alcuni degli episodi più controversi del periodo in questione.

1) LE BANDIERINE TRICOLORI ADESIVE. Trent’anni prima di twitter, la bandierina tricolore non era ancora il distintivo di chi vota qualche partito sovranista, ma una placchetta adesiva da tremila lire, in vendita ovunque e gettonatissima per la sua capacità di coprire: a) graffi, b) ruggine e c) i buchi lasciati sul portellone dalla scritta fregata da un anonimo bastardo. Verso la fine degli anni ottanta, era difficile trovare un’auto di “bassa fascia” che non sfoggiasse la sua brava bandierina. Io nutrivo una strana passione per queste bandierine, e sfornito di denari una volta, all’uscita di scuola e con ancora il grembiulino addosso, cercai di fregarne una da un camion. Fui inseguito dal camionista che stava dietro il telone a scaricare merce, e fu magicamente la fine della mia estemporanea passione.

2) LE TENDINE FILTRAVEDO. Ora, quasi tutte le auto sono munite di vetri scuri che negli anni ottanta si potevano permettere solo i gangsta rapper o i magnaccia, ma al tempo se volevi evitare ustioni di terzo grado alla nuca nei mesi estivi, dovevi per forza procurarti un buon paio di tendine con arrotolatore. Le Filtravedo erano le più diffuse nonchè le più efficienti, permettendo inoltre di poter fare i gestacci all’automobile che segue senza essere minimamente notato (provato di persona sulla Giulietta di mio padre). Qualche automobile le montava di serie, come la BX che possedemmo dopo la Giulietta, ma niente che si avvicinasse all’arroganza delle tendine in stoffa della Lancia 2000 degli anni ’70. Che sciccheria.

3) LE SCRITTE TURBO. Ok, ora i motori sono tutti turbo, tanto che ormai si dimenticano pure di scriverlo. Che tristezza. Ma ai tempi in cui la Renault si divertiva a far notare la presenza del turbocompressore con scritte chilometriche piazzate su ogni lato dell’auto, faceva tendenza, cavolo se la faceva. Erano in vendita delle scritte “turbo” generiche, e le vedevi ovunque, anche su auto che non avevano visto il turbocompressore nemmeno in sogno, come le 127 o le Alfa 33. La “turbizzazione” non risparmiava nemmeno le Golf, alle quali era dedicata la divertente e un po’ squallida scritta “Rabbit Injection” coi conigli che si inchiappettavano, cosa che giocava per assonanza con la versione USA della Golf. In seguito al declino del turbo conobbe un momento di gloria la scritta “16V”, prima che anche queste diventassero la prassi.

4) I TERMINALI DI SCARICO FINTI. E qui le cose si fanno divertenti, perché qualche anno fa chi metteva il terminale finto veniva giustamente deriso a morte dai tuningari, sia per l’inutilità della modifica in se, che era tanta, ma soprattutto perché chi la apportava non aveva (o non voleva spendere) i dané per acquistare uno scarico sportivo con tutti i crismi. Negli anni recenti, le case costruttrici hanno cominciato a munire i propri modelli più costosi di terminali finti ancora più ridicoli di quelli acquistabili per poche lire negli anni ottanta, e ciò la dice lunga sul rincoglionimento delle Case. Tamarri con pochi soldi, rallegratevi: avevate ragione voi.

5) LA TERZA LUCE DI STOP. Certi tamarr…. ehm precursori, la montarono già fra il 1993 e il 1994.

Ma nella seconda metà degli anni novanta il codice della strada la rese obbligatoria per le auto di nuova costruzione. Come spesso accade, sia per disinformazione che per “attualizzare” il proprio vecchio modello, si scatenò una corsa all’acquisto di questo accessorio, che nel frattempo veniva venduto in ogni luogo e in ogni lago, con un costo assurdamente basso. Inutile dire che, una volta collegatolo agli stop con la partecipazione di ammiocuggino e minonno in carriola, la terza luce “discount” funzionava in modo miserevole, o non funzionava per nulla. La BX di mio padre si guadagnò solo due ignominiosi buchetti sul padiglione. La terza luce, invece, il secchio della spazzatura, al tempo non ancora differenziata.

6) I SALVASPORTELLI. Ok, questo era più un accessorio “da zio”, ma anche i giovani tendevano a voler impedire l’incontro dello spigolo della portiera con muri, pali, ed altre auto. Ai tempi, i salvasportelli erano grossi, di gomma nera e con incastonati dei vistosi catarifrangenti arancioni che tanto venivano autoespulsi col tempo. Ancora c’è chi li usa, ma ora sono sottili e flessibili.

Ora come allora, vengono applicati con l’ausilio di adesivi tanto aggressivi che la vernice della portiera si danneggia molto di più che sbattendola contro un pilastro.

7) IL PORTACASSETTE STEREO. Un ninnolo gettonatissimo al tempo era il mobiletto centrale con i cassettini apribili per infilarci le audiocassette, evitando che restassero sparpagliate per l’abitacolo.

Ora, gli articoli in vendita avevano due grossi limiti: 1) ce ne stavano al massimo sei, per cui dovevi fare una selezione che manco “la scelta di Sophie” era tanto sofferta e 2) ci stavano solo le cassette ma non le relative custodie, che rimanevano sparpagliate per l’auto annullando così il vantaggio guadagnato nel montaggio dell’accessorio. Fu la diffusione del CD a relegare questo ammenicolo nel giusto dimenticatoio, che peraltro era già integrato, di fabbrica, nel cruscotto della nostra BX. Oh raga, ma quanto era avanti la BX?

8) I DEFLETTORI ANTITURBO. Nonostante la diffusione dei climatizzatori anche sulle utilitarie qualcuno li usa ancora. Ma al tempo erano indispensabili se volevi areare il locale prima di soggiornarvi, e più in generale aprire il finestrino senza che entrasse acqua piovana, o anche solo non mettere a rischio la pettinatura arrivando sul posto di lavoro come Satomi di Kiss Me Licia.

Negli anni sessanta – settanta la medesima funzione era svolta dal deflettore apribile di serie nelle Fiat, utile anche per molti sozzoni che potevano disfarsi delle cicche delle MS senza dover armeggiare con la manovella del finestrino. Ora invece ci piace viaggiare sigillati, col clima a palla e con la bronchite cronica. Ci siamo fatti furbi.

E voi, quali altri accessori tamarri ricordate? Inviate una cartolina con la risposta al nostro studio in Via Teulada 66, potrete vincere ‘na cifra di gettoni d’oro.

Che poi, ci si poteva telefonare, con sti gettoni d’oro? Non l’ho mai capito.

Antonio Cabras | Milano, 20 gennaio 2020.


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