Meglio della Formula 1
Appena due settimane dopo la F1 (con la fantastica vittoria in rosso di Leclerc), il tempio della velocità torna ad emozionare con il Monza Historic.
Sotto l’organizzazione di Peter Auto, Trecento vetture di diverse categorie, ma tutte di altissimo livello, hanno percorso la striscia di asfalto in un week end di gare davvero emozionante. Dalle piccole Formula Junior e Formula 3 degli anni ’60 e ’70, fino alle regine dell’Endurance anni 2000, ce n’era veramente per tutti i gusti!
Come ogni week end di gara che si rispetti si è iniziato il venerdì con le prove libere, per poi passare, nei giorni successivi, a qualifiche e gara (per alcune categorie doppia). Ovviamente in questa tipologia di evento la competizione vera e propria passa in secondo livello, ma non ci si è limitati alla semplice sfilata: i gentlemen driver hanno spinto le loro auto molto vicino al limite, facendo segnare, con i modelli più prestazionali, tempi inferiori al 1’50”, tempo al quale girano le GT attuali!
Lo spettacolo principale, tuttavia, derivava dal semplice vedere, e ascoltare, queste auto in azione.
La classe più nutrita era la “Sixties’ Endurance”, che ha visto gareggiare Jaguar E-Type, Shelby Cobra, Porsche, Alfa Romeo, Lotus, ma anche Austin, MG e Morgan, un omaggio completo all’automobilismo sportivo anni ’60. Auto delle due decadi successive, invece, riempivano le file della “Heritage Touring Cup” con una preponderanza di Ford Capri, Escort e Mustang a rivaleggiare con BMW 3.0 CSL e 635 CSi. Ma la crème de la crème è scesa in pista nella divisione “The Greatest Trophy”: Alfa Romeo TZ, Porsche 904 e 906, Maserati T61 (autrice della pole position), e diverse declinazioni della Ferrari 250. Insomma opere d’arte su ruote, molte dal valore inestimabile, pronte a far ruggire il motore e stridere le gomme per riportare il pubblico all’eleganza e alla purezza delle corse di mezzo secolo fa.
Per gli amanti delle competizioni, però, le emozioni più grandi sono state regalate dalle “Classic Endurance Racing” in cui hanno corso le regine di Le Mans dalla Ferrari 512 S alla bellissima Porsche 917 con livrea Gulf. Era addirittura presente una Howmet TX, auto da corsa costruita in soli tre esemplari, alimentata da un motore a turbina (come quello degli elicotteri) invece che da un comune motore a pistoni. Insomma, auto che siamo abituati a vedere su poster appesi in camera o tuttalpiù in video, non certo a una spanna da noi! È il caso di sottolineare, infatti, che con il biglietto di ingresso si aveva accesso anche ai paddock, potendo dunque girare fra le auto mentre i meccanici le preparavano per entrare in pista. Poter girare attorno a queste meraviglie dell’ingegneria, sentirne l’odore, scovare i componenti meccanici più interessanti resi visibili dai cofani aperti, addirittura toccarle con un certo timore reverenziale… Tutto ciò, per un ingegnere appassionato di auto come me, non ha prezzo!
Ecco, in realtà l’ingresso costava 14€, parcheggio dietro la tribuna principale compreso.
Il fatto che un evento del genere si paghi dieci o venti volte meno che la Formula 1 lascia pensare; e soprattutto sorprende come nonostante questo il pubblico fosse veramente esiguo. Scarso interesse? Mancanza di pubblicità?
Non vedo come un evento del genere non possa regalare il week end perfetto a tutti quelli che per strada ancora si girano quando sentono passare un’auto con più cilindri che ruote. La F1 emoziona, ha quel fascino da serie massima e si tifa per il proprio pilota preferito, ma senza code infinite, posti fissi e prezzi stratosferici questi eventi “minori” permettono di assaporare veramente a pieno l’automobilismo. Che poi di minore una manifestazione come questa non ha proprio niente, credo che si sia capito dai nomi sopra citati. E qui bisogna riconoscere il merito a tutti coloro che l’hanno reso possibile, dagli organizzatori ai partecipanti, che pur possedendo pezzi da museo, si dimostrano veri appassionati accettando il rischio di portarli in pista. È bello vedere che queste auto possono fare ancora quello per cui sono state costruite e non solo rimanere chiuse nei garage di collezionisti troppo attaccati al valore economico anche solo per accenderle.
Solo se vengono guidate le auto rimangono veramente vive.
Andrea Cartapani. Milano, 26 settembre 2019.