In principio, fu la Primula.
Presto, ci si rese conto di aver chiesto troppo, a un pubblico ancora abituato al tuttodietro, e non in altri sensi che prescindano dal motore e dalla trazione, anche se c’era la DC.
La Primula fu un’innovazione, nel panorama di allora, ma qualcosa non quadrava del tutto.
La linea era molto elegante, ma non è che facesse strappare i capelli, e il marchio non aveva tutto questo appeal, per potersi permettere di andare oltre.
Non sto parlando della Lancia, ma dell’Autobianchi, già molto ridimensionata, rispetto a quando era soltanto Bianchi.
Così, alla fine degli anni ’60, venne introdotta un’altra rivoluzione, ma un po’ più collaudata, anche sulla scorta delle esperienze britanniche di Alec Issigonis e della sua Mini, capostipite di tutte le utilitarie moderne, fino al segmento B (127, Uno, Renault 5 et cetera).
La A112, da molti chiamata semplicemente “Centododici”, a meno che non si fosse residenti a Roma, era il perfezionamento della Mini, a conti fatti.
Intanto, inutile negarlo, la linea era molto più elegante e sportiva, e vorrei ben vedere, dato che è uscita Dieci anni dopo.
Che poi, spesso, l’età non conta.
Il successo esplose non subitissimo, ma la sua ascesa fu inesorabile, tanto da indurre la Fiat a dover correre, per sostituire la 850 con la 127, di Pio Manzù.
La concorrenza interna, visto che Autobianchi era già Fiat da parecchi anni, fu arginata dalle caratteristiche molto diverse della 127, più grande e più pop.
La A112 era più orientata al pubblico femminile, o comunque a un pubblico più raffinato, e il target maschile trovò il suo riferimento nella versione Abarth, chiamata Cabina della Sip, per via del cofano bicolore.
Oggi, le quotazioni della A112 sono in crescita, anche se possono ancora bastare 3000,00 Euro, per un esemplare in condizioni molto buone.
I veri completisti, comprano almeno un esemplare per ciascuna serie. E sono 7.
Un bel numero.
Enzo Bollani | SuperPista
Milano, 22 ottobre 2018